Saturnia, mia amica e collega, mi ha raccontato la sua storia apparentemente paradossale. L’ho ascoltata, l’ho risentita dentro di me, l’ho fatta mia. Saturnia mi ha chiesto di raccontarla per lei.
La sua richiesta mi ha fatto sentire una strana identificazione quasi fossi un antico cantore.
Parlando di empatia Rogers afferma che essa consiste nell’«entrare completamente nel mondo dei sentimenti e dei significati personali di un altro in modo da percepirli […] completamente» e nello stesso tempo nell’«essere forte abbastanza […] per riconoscere […] che esisto distinto [dall’altro]». In altre parole, empatia significa sentire come se si fosse l’altro senza mai perdere la dimensione del “come se”. Questo ho tentato di fare.
La storia di Saturnia, che si dibatte tra sentieri ostili, che tocca abissi profondi, mi ha stimolato uno studio teorico, collocato alla fine del libro. Esso costituisce l’esempio nodale del mio lavoro clinico, con persone affette da psicosi schizofrenica che ho seguito e che seguo, e delle ipotesi che lo sorreggono. Nella versione in questa edizione di tale studio teorico, risultano in chiusura i preziosi riferimenti a spunti e scritti di Bruno Callieri.
«La fiducia – mi disse – la fiducia ricevuta mi ha salvato e con essa il sentirmi accettata senza condizioni, e l’autenticità, e l’essere ascoltata veramente».
Tutto questo non poteva non far risuonare dentro di me la teoria rogersiana sulla quale ho lavorato, la fiducia nella tendenza alla realizzazione di sé spinta alle sue estreme conseguenze, dove la disfunzionalità diventa solo apparente, perché in realtà a servizio della piena attualizzazione di se stessi.
Dal racconto di Saturnia appare la forza del pensiero concreto tipico degli psicotici che la pilota e la direziona fino ad andare oltre l’approccio rogersiano e fiutare l’interesse per la terapia relazionale che le ha permesso di leggere il segreto della sua famiglia, di dare un senso agli accadimenti della sua famiglia, dove anche il negativo acquista un senso di vita.
Nello scrivere la storia di Saturnia mi sono ispirata a Le parole per dirlo di Marie Cardinal, a Una mente inquieta di Kay Redfield Jamison, a Il bambino nascosto di Alba Marcoli, a Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estés. Ero tentata di seguire un ordine cronologico, ma il dolore e i sentimenti forti con cui Saturnia parlava delle sue persone care scomparse, mi hanno ispirato lettere impossibili. Ho tentato, nel ritmo, di mantenere il senso del pensiero psicotico: la fuga delle idee, l’”insalata di parole”, pur cercando di rendere il tutto fruibile. Sono apparsi allora il monologo, le associazioni, i sogni, come flash illuminanti.
Mi coinvolgevo nel racconto della storia, mi alzavo la notte per appuntare. Poi avevo bisogno di modulare il distacco e per questo sono stati utilissimi mio marito e i miei “clienti” che ringrazio profondamente.
«Questo libro – disse Saturnia – sarà anche in memoria del professor Sebastiano Fiume. Il professor Fiume, oggi purtroppo non più fra noi, mi ha salvato. Con la sua umanità, con l’umanità della sua struttura tutta da lui fondata, con il passarmi la necessità dell’accettazione di un sostegno farmacologico regolare, mi ha preso per mano, mi ha dato fiducia, mi ha condotto. Lui e Anna Nazzarena Nardini, che, come terapeuta rogersiana, amandomi mi ha insegnato ad amare, sono stati entrambi indispensabili, l’uno non potendo esistere senza l’altra ed entrambi accettandosi l’uno con l’altra».
Tutta la vita di Saturnia sembra essere una continua ricerca di rivivere i traumi iniziali per superarli, per provare di nuovo sentimenti sepolti e poter poi guarire: il confronto con la paura di morire, con la morte stessa, con l’angoscia di castrazione per un sentimento mozzato, il sintomo della scissione, cui sottendono gelosia ed invidia sepolte, e che ripetutamente si esprime nei tradimenti, negli innamoramenti passionali che li caratterizzano, nell’incapacità di sentire senza agire, capacità conquistata poi con dura fatica.
«Proprio raccontando la mia storia – continua Saturnia – con la sensazione di essere in un travaglio fino alla metafora della nascita, ho superato i grovigli attraverso una serie di insight, ho ordinato, accettato, compreso, perdonato. Il dialogo continuo con i sogni costantemente mi ha aiutato e mi aiuta».
«La “scatola nera” – scrive a Saturnia una delle sue sorelle, Foglia, dopo aver letto la prima bozza del libro e a simbolo del pensiero di tutti gli altri fratelli – ha una eccezionale funzione per la ricostruzione della verità, ma il suo ruolo si confina nella catastrofe così che mancherà lo spazio e l’energia per soffermarsi ad apprezzarne i meriti. Ecco, questo libro è anche la “scatola bianca” della nostra famiglia “ancora in volo” nel pianeta, ed è un romantico incipit che suggerisci al nostro futuro raccontandoci di spiare i sogni dal buco della chiave, quando ci spiano. Fili così leggeri, evanescenti vittime preferite dei colpi d’aria. Così ci hai dato un passaggio nel tuo viaggio con queste immagini al microscopio della tua anima o questi ingrandimenti di “quadri d’unione”. Come un inviato speciale ci hai offerto il tuo reportage dalle terre in guerra del tuo dentro/fuori nell’inospitale paese del non detto e del segreto. Con lo stile secco del giornalista in prima linea ci hai raccontato le tempeste che ti hanno travolto, di cui ci arrivavano solo “muti e incomprensibili relitti”. Ho partecipato al tuo dolore per tuo figlio, così tanto amato da rinunciare a farlo. Ma questo settimino che hai fatto nascere è davvero molto bello e ti ringrazio di averci invitato al battesimo. Tua Foglia».
In questa edizione l’unico punto aggiunto, perché tagliato dalla prima casa editrice, riguarda, nel capitolo “Ricostruire”, l’attacco fisico reale di Saturnia contro sua madre.
E … alla fine del percorso appare una profonda serenità raggiunta da Saturnia come messaggio salvifico.
Spero di essere riuscita a rendere tutto quello che lei mi ha regalato e per questo la ringrazio.
Ringrazio profondamente l’amico professor Bruno Callieri per la sua preziosa prefazione, per aver amato il mio libro e averlo dimostrato in mille modi.
Ringrazio il professor Luigi De Maio, il dottor Salvatore De Mola, le dottoresse Cristina Galli, Maria Stella Lalla, i dottori Giampietro Loggi, Guglielmo Minervini, il poeta Plinio Perilli, le dottoresse Maria Luisa Putti, Katia Renna, il dottor Alberto Zucconi, mio marito Sergio Bagni, i miei fratelli e nipoti, gli amici, i “clienti” per aver fortemente sostenuto questa mia storia vera raccontata nella prima edizione.
Maria Mirella D’Ippolito